Okobici, oltre il bikesharing tradizionale

Un modo diverso per condividere l’uso della bicicletta

Oltre il bikesharing gestito da privati e dalle amministrazioni o in zone non servite o servite in maniera insufficiente.

Ecco Okobici, bike sharing peer-to-peer fondato sulla condivisione, all’interno di una community di ciclisti e cicloamatori, di bici private, grazie all’utilizzo di un dispositivo tecnologico applicato alle biciclette e di una interfaccia (web e mobile) per la gestione e l’interazione con il servizio.

Come il bikesharing servono un lucchetto, un sistema di riconoscimento utente, un sistema per il dialogo del dispositivo con il server che si applica alla bici e la fa rendere condivisibile.

Non servono più rastrelliere, e le bici possono essere lasciate libere per la città. L’utente registrato effettua una ricerca via web o mobile oppure trovate semplicemente la bici per strada, si autentica sfruttando la tecnologia GPRS, così sbloccando la parte elettro-meccanica del dispositivo che funge da lucchetto.

Ci sono tre profili di utenti. Il provider, ovvero chi compra un dispositivo e condivide la propria bicicletta. L’utente, ovvero chi paga un abbonamento annuale (analogo a quello di un bikesharing) e usufruisce del servizio e un curator, chi si accredita come competente per la riparazione delle biciclette.

Okobici – secondo i promotori – si caratterizza per una maggiore flessibilità e l’approccio bottom-up fondato sulla creazione di una community di ciclisti, collaborante e coesa attorno ad un certo stile di vita e di valori.
E’ una evoluzione integrativa (e non alternativa) ai bikesharing tradizionali, che permetta di portare la ciclomobilità in zone urbane non servite (o servite con basso livello di servizio).

 

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