Andrea Piras, giovane laureato cagliaritano, ci ha raccontato la sua esperienza australiana. Non è tutto oro quel che luccica….
L’Australia è un paese sterminato; agli occhi della gente, quella che non c’è mai andata e probabilmente mai ci andrà, sembra un unico grande Paesone in cui “al centro c’è quella roccia gigante in mezzo al deserto, ci sono le coste meravigliose, tutti vivono sereni, il lavoro dei sogni si trova senza doverlo cercare ed il sole splende senza indugio 365 giorni l’anno”.
La mia città, per tre mesi è stata Sydney. Utilizzo il passato perché ho già lasciato la cittàdell’Opera House per spostarmi in Thailandia e dare un senso differente al mio viaggio che, da esperienza stanziale in Australia, si sta trasformando in esperienza Nomade per il Sud Est Asiatico.
Sono partito (dall’Italia) per non avere rimpianti; sono andato via (dall’Australia) perché il gioco non valeva la candela.
Prima di tutto, però, devo precisare che non ho l’abitudine di accontentarmi e che sono partito dall’Italia non perché non avessi nulla in termini di lavoro e prospettive, ma semplicemente perché penso che le Voglie si debbano assecondare prima che diventino ossessioni.
…Sydney è bella, sicura, ampia, vivibile, pulita e piena di posti magici e suggestivi, tollerante; ma anche piena di blatte, le spiagge distano dal centro circa 30 minuti (vivere sulle spiagge è una scelta di vita), poco includente (non conosco una persona che abbia fatto amicizia con un Australiano, ma solo qualche coppia “mista”) e poco affascinate dal punto di vista socio-culturale.
La burocrazia è snella, veloce, efficace ed informatizzata.
Il lavoro si può trovare, ma non è più come anni fa ed è concentrato, per un buon 80%, nei settori che i Resident scartano a priori (hospitality, contructions, fund raising); la competizione è altissima perché arrivano giovani da tutto il Mondo con il Sogno Australiano; il contratto, spesso, non esiste (si, si lavora in nero) e le paghe sono alte per la media italiana, ma basse rispetto a quelle medie australiane. Se, poi, si pensa ad un lavoro d’intelletto, si deve essere pronti a giurare amore eterno al Paese e si deve essere pronti a scontrarsi con i “local”. Scontro dal risultato quasi sempre segnato.
Gli affitti son altissimi se si vuole qualcosa di decente in una zona centrale e, spesso, ci si deve scontrare con proprietari restii a fare il contratto. Il costo della vita è maledettamente alto e, quindi a meno che non si trovi il lavoro giusto, si devono fare numerose rinunce in termini di svaghi e “vizi”.
La città, per quanto bellissima, non ha un’anima caratterizzante e durante i miei tre mesi è piovuto almeno per un mese e mezzo. Considerato tutto questo, ho messo sul piatto della bilancia, pro e contro per il mio modo di intendere qualità, prospettive e futuro ed ho preferito, ancora una volta, cambiare: la distanza è troppa e le cose che per me davvero contano sono altre; gli elementi che danno anima alla mia vita non sono “ordine, pulizia, burocrazia veloce, tolleranza necessaria e lavoretti ben pagati”; ma sono “affetti, famiglia, sacrificio per costruire qualcosa di migliore a casa, tolleranza partecipata ed includente, contraddizioni, fascino e cultura”.