di Giulia Loglio
Durante l’estate il teatro era tornato a vivere, con molte regole e tanta attenzione, nonostante le innumerevoli difficoltà e problemi legati alla riduzione del numero degli spettatori, al conseguente abbassarsi dei compensi e alla riduzione delle strutture disponibili a causa delle nuove regole di sicurezza.
Il pubblico era tornato con entusiasmo in sala, consapevole che nessuna iniziativa on line potesse sostituire il contatto, lo stretto legame che si instaura fra attori e spettatori, fra parola e gesto, fra visibile e invisibile, fra ciò che viene raccontato e il pensiero individuale e collettivo che questo racconto stimola e alimenta attraverso le emozioni.
Con l’autunno le porte dei teatri sono state richiuse per una misura di sicurezza davvero difficile da comprendere. Nei teatri non vi erano stati contagi e le misure già adottate sufficienti a garantire il distanziamento e ad evitare assembramenti, uniche armi per evitare il contagio.
Nell’aria aleggia un pensiero terribile, l’idea che il teatro non sia indispensabile, sia bypassabile con le iniziative in rete, ma non è così. Non può essere così perché il teatro è un’arte viva e di contatto ma per comprenderlo bisogna sapere cos’è il teatro.
La nostra cultura, la cultura dell’Europa, affonda le sue radici nel teatro. Da duemila e cinquecento anni il teatro è la forma più profonda di espressione condivisa, di politica attiva e trasversale, di critica sociale e di denuncia. Il teatro riflette la società e il tempo, ne scandisce orrori, errori e difetti. Ne evidenzia le contraddizioni e stimola la crescita di ognuno perché stimola l’ascolto.
Ascoltare una storia, è ascoltare l’altro e l’ascolto è prezioso terreno dove può crescere l’empatia e con essa l’umano scambio di emozioni. Ogni giorno mi chiedo dove siano le menti di questo Paese che tacciono dinnanzi a questa forma di oscurantismo, quasi non ricordassero l’importanza educativa, sociale, culturale e politica del teatro. Quasi fossero tutte vittima di un sistema che cancella, isola, rinchiude o mette alla berlina chiunque azzardi un pensiero critico.
Chiunque tenti di ricordare che siamo esseri umani e l’umano ha bisogno di scambio, di emozioni, di sensazioni, senza è altro e in “altro” stiamo rischiando di trasformarci. Ecco perché il teatro va salvato e riportato in vita al più presto o un pezzo di noi morirà. La Francia dovrebbe riaprire cinema, teatri e musei fra pochi giorni, e l’Italia? Chissà.
Intanto ringrazio Cacciari che ha avuto il coraggio di dire la sua in merito e spero, confido, anelo, che molti altri faranno sentire la loro voce, e così pure la gente. Gente che ha voglia di tornare ad essere pubblico per sedersi in sala, immergersi in una storia e tornare a casa diverso, arricchito e talvolta più umano di prima.
Credit : Elena Fenotti