Quanto conta il caso nella vita? Tanto, se poi la tua vita prende quel corso e tutto accade è coerente al tuo sogno. Il protagonista della storia è Marco L’Abbate, il mastro granitaio, amministratore di Granita fun, un nome – inventato su ispirazione di una sua professoressa d’inglese delle superiori – che fa rima con estate visto che la “sua” granita è uno dei prodotto più richiesti nelle spiagge e ora vola anche nei bar e nei market.
Tutto comincia dalla tv, un giorno, guardando il Roland Garros: “Cambiando canale durante la pausa di gioco, avevo visto una trasmissione in cui si raccontava come si facesse il gelato”. Quella visione apre un mondo. Il piccolo Marco immagina una vita con il gusto ghiacciato. La famiglia – papà militare e mamma impiegata alle Ferrovie – lo vuole con un posto fisso. Lui non è d’accordo e va per la sua strada.
Siamo negli anni novanta e Marco, quindici anni, fa le sue prime esperienze di lavoro in continente. I genitori, che hanno una casa a Fano, lo assecondano nella ricerca di un lavoro estivo ma solo a patto di essere regolare negli studi. Marco si misura con tante possibilità di lavoro, lavapiatti, cameriere. Poi approda nel mondo dei supermarket. Il destino comincia a fare sponda. Va alla ricerca di un lavoro per un amico. Che, timido, gli dice di entrare a chiedere in una frulleria-graniteria dove c’è un cartello “cercasi personale”. Alla fine, per quel lavoro, l’amico rinuncia. Ci va lui. Gli orari del market lo permettono. Due lavori, tanti sacrifici e giusto la notte da vivere con le nuove amicizie.
Una settimana di prova. Il primo giorno sente già la magia: fame di sapere, capire, apprendere e fare. Osserva, ascolta, si specializza nella granita. Il lavoro lo affascina: c’0è il contatto con le persone. La prima finestra sul mondo. Lo stipendio è interessante, un milione di lire. “Ero tirchio e mi restava tutto”. Sorride pensando a quel tempo antico. Il lavoro è piacevole. Viene confermato anche per il secondo anno. Entra nel laboratorio imparando a fare tutto, tagliare frutta, mescolare, confezionare.
Un giorno si ferma incuriosito a guardare una scena: dei ragazzi che tornano dalla spiaggia con i carretti.
“Vittorio – chiede curioso al titolare – come mai non mandiamo anche noi i carretti sul lungomare?”. Vittorio risponde che è poco conveniente. Marco però si dice pronto a smentirlo. Ottiene la sua disponibilità. Il carretto viene acquistato a tempo record. Talmente ha voglia di fare che lo assembra da solo. La sfida è lanciata. La spiaggia lo aspetta: “Uscì col carretto pieno di granite e tornai in negozio con 800 mila lire”. Va da ogni bagnante a chiedere di comprare le granite. Quella sua spensieratezza colpisce tutti che acquistano. Il carretto cammina tutta la stagione. “Andavo e tornavo dal laboratorio. Il titolare era contento, arrivavano soldi inattesi e la sfida era vinta!”. La sua filosofia che lo avrebbe guidato per anni era vincente: provare, sbagliare e vedere che succede. Poi ricominciare.
Marco resta cinque anni a Fano, ogni stagione estiva è da quelle parti. Cinque stagioni lunghissime dove la granita diventa il suo faro e solletica l’idea di mettersi in proprio.
Anno 95. Cassetta della posta, busta colore verde: la lettera del militare. Plotone undicesimo 95. Ora che il salto imprenditoriale è un sogno possibile, c’è la naja dimezzo. Marco non si dispera: fa nascere il primo laboratorio, in un piccolo scantinato al quartiere del Sole. Luogo tattico per la vicinanza con la spiaggia. E’ l’inizio dell’estate e vuol subito misurarsi con una propria produzione e vendita.
Le licenze militari e i permessi ottenuti sono preziosi per respirare. C’è poco tempo. Bisogna cominciare la produzione e poi andare avanti. Il resto è incoscienza, coraggio e tanti sacrifici. Due carretti e un amico di nome Fabrizio che ogni giorno si vogliono sbattere.
5 luglio 1996, una data da ricordare. E’ il primo giorno di lavoro al Poetto. Organizzare tutto, con le difficoltà di trovare fornitori e far quadrare i costi non è per nulla facile. Poi i contrattempi. La prima uscita è un incidente con il pullman. A malapena il carretto può camminare. La prima settimana si registra fallimentare nei ricordi. I soldi stanno finendo tra affitto del locale, acquisto delle attrezzature e altre spese impreviste. Le giornate, poi, sono faticose. Non c’è tempo per riposarsi. Quattro del mattino al mercato, alle 6 in produzione e poi diritti in spiaggia. Tutta l’esperienza di Fano serve, ma non basta. I bagnanti cagliaritani vedono come marziani i granitari che si fermano sulla passerelle. Come potranno vendere, con la tradizione del gelato al chiosco? Marco prova il carretto anche sulla spiaggia: “Quando ha cominciato a camminare ho avuto un’emozione, ho capito che sarebbe cambiato qualcosa”. Passano i giorni e i primi clienti si avvicinano. Fiducia e prime granite vendute. “Quello è il momento in cui o vai avanti o finisci”.
Non mancano i complimenti delle persone per una granita artigianale dal sapore unico. La produzione, quasi casalinga, regala un gusto inimitabile che farà la fortuna di Granitafun nel tempo. Marco non ha molto sostegno: amici e genitori lo vedono come un folle. Gli suggeriscono di lasciar stare. Ma il carretto esce dal laboratorio carico di granite da vendere e torna sempre vuoto: “Mettevamo 12 secchi da 30 pezzi. Andavano a ruba. E come non ricordare il record per le Frecce tricolori, con oltre 800 granite vendute?”.
La gente comincia ad aspettare i granitari come salvatori della patria contro l’afa delle estati cagliaritane. Alle tre l’appuntamento fisso è al chiosco Coimbra: i due carretti si incontrano, la gente lo sa. Arriva in massa a comprare. Diventa un classico.
Finisce la prima estate, ricca di motivazione più che di guadagni. All’inizio di primavera finisce anche il militare e Marco comincia a pianificare la nuova stagione.
La produzione dal secondo anno passa a San Sperate. Un fornitore, Pietro Barel, originario del Veneto aveva una gelateria in paese. Gliela propone, ma Marco mette le mani avanti: non sa come pagarla. La grande disponibilità di Pietro e un sorriso amichevole lo convince: potrà pagarla in tre anni. Si indebita, firma assegni. Quel gesto di fiducia viene ripagato. E continua a uscire col carretto, sperando che quel primo salto nel vuoto non sia doloroso. In spiaggia la vendita funziona. La stanchezza è tanta.
Marco nelle sue giornata infinite conosce i giornalai. Si incrociano, chiacchierano. Uno di questi si propone, si chiama Davide. Marco non si ferma. Acquista un altro carretto: costa ben sette milioni. Secondo anno diventano tre i carretti, si copre dalla prima fermata del Poetto fino all’Ottagono. “Si camminava molto, le gambe e i muscoli reggevano. E anche la produzione va più forte. Il problema era il ghiaccio che andava prodotto continuamente con i suoi tempi”. Primi investimenti: il cellulare per comunicare con i colleghi e coordinarsi meglio nelle vendite.
Siamo nel 1997, tre carretti girano per le spiagge: “Avevo tanti soldi in tasca, bruciarli era semplice, ma ero ragazzino e qualsiasi gioia ripagava la fatica…”. L’idea ora è creare carretti propri, per avere più chances di vendita. I carretti diventano cinque e anche i collaboratori si allargano. Marco recluta altri giornalai in spiaggia, guidati dalle maggiori opportunità del mondo delle granite. I carretti diventano sette, a coprire tutta la zona estiva.
Granitafun diventa qualcosa in più di una semplice avventura tra amici. Inizia l’organizzazione, la diversificazione dei ruoli, la formazione del personale. Marco deve abbandonare a malincuore la spiaggia, per occuparsi di produzione e organizzazione. E’ il 2001 e le prime granita e arrivano fino a Villasimius, con la nascita di quello che sarà lo staff storico, composto da Antonello, Alessandra e Daniele. Si va fino a Geremeas da una parte e Costa Rei dall’altra. Comincia a essere coperta buona parte della costa sud orientale della Sardegna.
La produzione aumenta e Granitafun ha già trasferito l’impianto ad Assemini con nuovi macchinari e investimenti. I numeri parlano chiaro: 8 carretti al Poetto, 15 tra Villasimius e Geremeas, 15 a Costa Rei. Poi la novità della logistica e dei camion frigo. Tutto comincia a decollare. E a espandersi. Si comincia a battere ogni spiaggia isolana, dapprima come marziani e poi protagonisti, per arrivare fino ad oggi, con ben 160 carretti in giro.
L’ultimo salto, qualche anno fa, è il nuovo stabilimento di San Sperate dove alcuni anni prima Marco, su consiglio di una ragazza che sarebbe poi diventata la cognata di sua moglie, acquista un terreno da un bando comunale. Quel terreno resta fermo per anni e poi diventa la nuova casa, per sostituire la sede di Assemini diventata troppo piccola per le esigenze di produzione. Tra Assemini e San Sperate però ci sono notti insonni, investimenti con soldi propri e timori di fallire: “Tanta paura, un investimento, costruire da zero senza sapere nulla. E infatti gli errori non sono mancati. Rifacendolo oggi saprei come non sbagliare”. E’ un azzardo, soprattutto economico. “Nessun finanziamento, nessuna certezza. Si è cominciato pian piano, senza sapere come sarebbe finita”.
Marco si trova però davanti a una scelta: andare avanti o chiudere. E andare avanti significava la pazzia, costruire un capannone, prendere i macchinari, gestire la trasformazione, sistemare gli spazi. E poi cambiare metodo di lavoro, imparare da solo, passare da artigianale a industriale. “La filosofia è sempre crescere e fare cose nuove, diversificando”. Oggi Granitafun non è solo spiaggia, è anche bar e grande distribuzione dove, proprio in questi mesi, si diffuso con Granitafruit, nome diverso ma stesso prodotto, presente nel reparto freddo o in pozzetti propri dei supermarket delle più importanti catene. E non è solo Sardegna visto che ci sono decine di distributori in giro per l’Italia. La granita è uscita dalla spiaggia e si è fatta conoscere e apprezzare ovunque.
Cosa ha portato a cambiare prospettiva oltre i litorali? Lo scenario. “Il rischio di fermarsi – spiega Marco – a causa di ostacoli e criticità con i Comuni, conflitti d’interesse e altre problematiche. Giustamente i Comuni cercano di tutelare le proprie attività”. Tanti ricorsi e un ragionamento: aprire la vendita alla grande distribuzione e ai bar. Uscire dall’isola. “Cominciamo a crearci il futuro” che non è solo la spiaggia. E poi è sempre più difficile trovare personale: “Il nostro viene visto come un lavoro umile e da evitare, anche se io lo amo. Poi siamo sotto scacco legislativo, così abbiamo creato il mercato dei bar e da zero”. Con la mentalità del bambino. Fare, testare, sbagliare e riprovare: “Siamo arrivati lontano imparando da soli”. Poi c’è la granita. Marco la descrive così: “E’ leggera e di fronte a temperature estive è un prodotto che ti fa scendere temperatura corporea”. La frutta fresca una scelta unica: “Granitafun è fatta proprio con frutta vera, scelta e tagliata. La sensazione è quella davvero di mangiarsi frutta. La scelta costa più attenzione ma dà risultati speciali”. Significa essere naturali in un mercato tra lavorati industriali, in vantaggio e senza competitor.
Il momento più difficile della storia? “L’inizio, perché stai esplorando un territorio nuovo, portando prodotto mai visto. Lo sconforto quando facevo il servizio militare, pochi soldi a dicembre e gennaio per nuova stagione. E poi il secondo inizio, per arrivare allo stabilimento di San Sperate. Sono stato sostenuto anche da mia moglie. Ho investito tutto, senza finanziamenti. Non è facile pensare di spendere soldi che non hai”.
E poi non manca un ringraziamento a colleghi, soci e collaboratori: “Il gruppo è importante. Senza di loro non si va avanti. Sono a capo di un’azienda dove sono il primo che si sbatte, sono stato mentore e gli altri sono stati mentori miei. Sappiamo di avere persone che credono in un progetto nato insieme, cresciuto insieme, senza sbilanciarci oltre le nostre forze. Abbiamo voluto evitare caos bancari, utilizzando soldi nostri. Forse non è la strada giusta, ma così è”.
Dietro il bicchierino di granita si nasconde un meccanismo complesso giornaliero, di attenzione a clienti e fornitori, di tanti passaggi in cui basta poco perché il meccanismo si inceppi. Un meccanismo che lo rende felice ma che sente come una responsabilità nei confronti di chi ha investito sulla Granitafun: “Non posso prendere e chiudere tutto, oramai ho una responsabilità anche nei fatturati altrui.” Marco la vede come se fosse una missione: “Prima eravamo forse dei verdurai, ora ci possiamo più nascondere, siamo cresciuti e la gente ci aspetta”.
Se la Granita fosse una canzone? “Qualsiasi pezzo che andava in radio a metà anni 90. Che sia What is love o gli 883”. I ricordi degli esordi, della giovinezza, del coraggio dei tanti momenti. Ora il sogno cade perchè si è legati a scadenze e urgenze: “Stavo meglio quando stavo peggio”. E sorride pensando alla strada fatta, non solo con i carretti. Gambe e spalle forti per Marco e soci. E ora la Granita non si ferma: conquista il continente, apre una nuova gelateria in centro a Villasimius, si consolida nei market. “Diversifichiamo”, è un’altra parola chiave. Chissà se in quelle prime timide uscite al Poetto, tra carretti che visti come ufo e cagliaritani timidi avrebbe pensato mai di arrivare fino a qui. A conquistare l’Italia col gusto della frutta fresca.