Il ritorno di Sant’Efisio è un’altra cosa

L’articolo è stato scritto da Maria Cristina Marras esclusivamente per Facendo Cose.

Il ritorno di Sant’Efisio è un’altra cosa. Mentre durante le celebrazioni del primo maggio è tutto una gara a mettere in mostra gli abiti più ricchi e gli ornamenti più colorati, la giornata del rientro è un momento di riflessione, riservato a un pubblico più ristretto che l’incontro ravvicinato con il simulacro del santo se lo deve conquistare. Inizia già alla pensilina di Piazza Matteotti, in attesa della navetta che porta fino a Giorgino, e prosegue una volta scesi dall’autobus e per il breve cammino che porta a destinazione, Villa Ballero, da dove, diverse ore più tardi, partirà il corteo che riporta la statua del santo nella sua chiesetta. 

 Quando si oltrepassa il cancello della Villa ci si sente veramente membri di una cerchia ristretta, come se si facesse parte di un club esclusivo, e non importa se nel giardino ci sono già decine di persone, l’aria che si respira è quella di chi sta al di qua, e nell’attesa ci si guarda intorno, si fanno i complimenti alla signora per i gioielli in filigrana dorata, ci si lascia raccontare per l’ennesima volta la storia del miracolo della peste dai membri dell’Arciconfraternita del Gonfalone di Sant’Efisio (che anche a dirlo a voce bisogna usare le maiuscole e guai a chiamarla confraternita

Insomma si fa orario lasciando che i momenti vengano scanditi dal susseguirsi dei riti: l’arrivo del giogo dei buoi, due fantastici animali a cui per tradizione vengono dati dei nomi che pronunciati di seguito formano una frase arguta, la posa di rito con foto a fianco ai due placidi colossi, l’esplosione di profumo di menta quando le pietre del cortile si colorano con i petali de sa ramadura, un tappeto di fiori che viene voglia di sdraiarsi per terra. 

Intanto il cielo assume sfumature azzurro intenso, attraversate solo da voli di fenicotteri, frecce rosa dipinte alla perfezione che sembra di guardare una scatola di cioccolatini.

Quando finalmente Sant’Efisio arriva, la gente, che intanto è diventata folla, esulta in un applauso spontaneo e da lì altri riti, la vestizione, i canti, la posa dentro il cocchio, ancora applausi, le preghiere, tutto secondo un copione che nessuno ha mai scritto e che ad ogni ripetizione, anno dopo anno, diventa sempre più sacro, così che ogni gesto, casuale o voluto, entra a far parte della liturgia che accompagna l’evento. 

 

C’è qualcosa di meravigliosamente sovversivo a camminare al buio dietro al santo, passando a piedi su strade dove di solito ai pedoni è proprio proibito transitare, qualcosa di sovversivo e al tempo stesso sacrale ma che non appartiene a nessuna religione.

Perché il ritorno di Sant’Efisio è la comunità che si guarda, sorride appena appena e si riconosce, illuminata dalle lucette di mille cellulari che trasmettono la diretta per dire a tutti ecco, ci siamo, anche quest’anno ce l’abbiamo fatta, siamo qua e ci portiamo dentro il cuore tutto e tutti, e anche quelli che non ci sono più sono con noi, e ci rimarranno finché ci sarà qualcuno a gridare “Viva Sant’Efisio!”

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Una risposta

  1. Se Sonia non l’avesse buttata lì – perché non scrivi qualcosa sul ritorno di Sant’Efisio?- io non ci avrei proprio pensato, però una volta cominciato, questa mini cronaca del rientro si è scritta da sola. C’è poco da fare, quando le compagne d’avventura sono stimolanti, tutto diventa più bello. ❤️💙

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