Citazioni
Caralis si distende in lunghezza ed insinua fra le onde un piccolo colle che frange i venti opposti. Nel mezzo del mare si forma un porto ed in un ampio riparo, protetto da tutti i venti, si placano le acque lagunari . (Claudio Claudiano, I, 520, IV sec a.C.)
La via Roma era stipata di gente che non si capiva bene dove andasse, cosa facesse in quell’ora afosa, mentre il sole, nascosto dietro cumuli di nuvole, la accendeva di giallo, rosso, arancione, verde, turchino. Anche le facciate dei palazzi e le torri più alte del castello con le case stipate, stratificate tra i ciuffi di palme e di agavi e i contrafforti dei bastioni medievali, si tingevano di quei colori fantastici che presto si sarebbero spenti lasciando la città sotto un cielo di ametista. (Giuseppe Dessì, Paese d’ombre, 1972)
Cagliari era diversa dal resto dell’isola. Fin dai tempi antichi, era stata la roccaforte dei dominatori e la sua popolazione eterogenea, fatta di un miscuglio di razze, teneva in dispregio chiunque venisse dal contado. Anche Angelo, quando arrivava a Cagliari, si sentiva un paesano e, come tutti i paesani, provava un senso di inferiorità. In città ridiventava timido e vulnerabile com’era stato in un tempo ormai lontano. (Giuseppe Dessì, Paese d’ombre, 1972 Cagliari è molto ripida. A metà c’è uno strano posto chiamato i bastioni, un ampio spazio pianeggiante simile a una piazza d’armi con alberi, curiosamente sospeso sopra la città, e dal quale parte un piano inclinato, simile a un ampio viadotto di traverso sopra alla strada a chiocciola che si inerpica verso l’alto. Sopra ai bastioni la città continua a salire ripida verso la Cattedrale e la fortezza. (David Herbert Lawrence, Mare e Sardegna, 1921)
E improvvisamente ecco Cagliari: una città nuda che si alza ripida, ripida, dorata, accatastata nuda verso il cielo dalla pianura all’inizio della profonda baia senza forme. È strana e piuttosto sorprendente, per nulla somigliante all’Italia. La città si ammucchia verso l’alto, quasi in miniatura, e mi fa pensare a Gerusalemme: senza alberi, senza riparo, che si erge spoglia e fiera, remota come se fosse indietro nella storia, come una città nel messale miniato da un monaco. Ci si chiede come abbia fatto ad arrivare là. Sembra la Spagna, o Malta: non l’Italia. (David Herbert Lawrence, Mare e Sardegna, 1921)
Fredda Cagliari di pietra: in estate devi essere di un caldo rovente, Cagliari, come una fornace. (David Herbert Lawrence, Mare e Sardegna, 1921)
La sommità di Cagliari è la fortezza: la vecchia porta, i vecchi bastioni di bella arenaria giallastra a nido d’ape. Il muro di cinta sale su con un’ampia curvatura, spagnolo, splendido e vertiginoso. (David Herbert Lawrence, Mare e Sardegna, 1921)
Ma ancora mi ricorda Malta. Persa tra Europa e Africa, appartiene a nessun luogo. Appartiene a nessun luogo, non essendo mai appartenuta a nessun luogo. Alla Spagna e agli Arabi e ai Fenici, più di tutto. Ma come se non avesse mai veramente avuto un destino. Nessun fato. Lasciata fuori dal tempo e dalla storia. (David Herbert Lawrence, Mare e Sardegna, 1921)
Oh strette, buie, umide strade che salgono verso la Cattedrale, simili a fessure. Per un pelo schivo un enorme secchio di sciacquatura che precipita giù dal cielo. Un ragazzino che stava giocando per la strada, la cui schivata non è cosi netta, guarda in su con quell’ingenuo, impersonale stupore con cui i bambini osservano una stella o un lampione. (David Herbert Lawrence, Mare e Sardegna, 1921)
- È una città bellissima, aspra, pietrosa, con mutevoli colori tra le rocce, la pianura africana, le lagune, con una storia tutta scritta e apparente nelle pietre, come i segni del tempo su un viso: preistorica e storica, capitale dei sardi e capitale coloniale di aragonesi e di piemontesi, una delle più distrutte dai bombardamenti dell’ultima guerra e, in pochi anni, una delle più completamente ricostruite. (Carlo Levi, Tutto il miele è finito, 1964)
Le foto sono di Carlo Muscas