Arte e cultura made in Sardigna, un movimento trasversale da tutelare e promuovere.

Di Daniele Pileri

Ho rubato queste parole dalla bacheca di Daniele, perchè questa Sardegna non può più andare avanti così e volevo dar voce ad un pensiero condiviso da tanti di noi.

Voi cosa ne pensate?

Penso si debba sostenere cio’ che è sardo, a prescindere, con grande rispetto e conoscenza.

Il problema non è il Jazz o il folk, ma come lo si propone e lo si mette in scena. E’ sostenere cio’ che è sardo, ma con dignità, lasciando sagre, vestiti, strumenti musicali con storia millenaria, trattati come artigianato “etnico” perfettamente al loro posto, raccontandone la storia casomai.

Come tutelate e giustamente i granelli di sabbia che vengono portati via dalle spiagge, fate in modo che nessuno sia più costretto a crepare di caldo vestito da Mamuthone per far felice un turista ad Agosto in un luogo di mare.

La Sardegna è una terra con una storia importantissima, abitata da un popolo a cui penso interessi per indole, molto poco essere messo in vetrina e venduto come una statuina del presepio.

E’ sbagliato soffermarsi su che genere musicale, quale manifestazione o quale artista sia piu’ o meno sardo. Va sostenuta in blocco l’arte, la cultura, sarda, in quanto fatta da sardi, nata, pensata, vissuta qui totalmente sarda a tutti gli effetti.

Sono sardi i Menhir col loro Rap di lotta, è sardo Dr. Drer coi Crc Posse, ma anche i Kenze Neke, Alberto Sanna, o Rippers, solo per citarne alcuni, è sardo il movimento dell’Here I Stay, sono sardi tantissimi producers di musica elettronica, è sarda tutta la musica sudata e prodotta in ogni saletta o i libri scritti alla pari dei film, dei pezzi di Teatro pensati, in ogni angolo della Sardegna.

E’ sardo cio’ che fanno tanto Paolo Fresu, come tutti gli organizzatori di festival importanti che valorizzano la nostra terra e la nostra musica, arte e cultura più in generale.

Dev’essere prima di tutto sardo l’orgoglio con cui fanno e soprattutto si propongono le cose, dev’essere sarda la dignità di un popolo, da contrapporre a un’idea di mondo troppo commerciale che non puo’ e non deve passare.

Foto di Paolo Angus Carta

Solarussa 2007

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