Qualcuno l’ha sentito nominare, altri no. Sopra il Decandia c’è un bellissimo ristorante di nome gli Uffici.
Palazzo Boyl lo conosciamo tutti: è il più importante edificio nobiliare della città. Lo vedi da lontano o mentre cammini per le strade del quartiere Castello o sei vicino al Bastione. Costruito nel 1840 dal marchese Carlo Pilo Boyl, oggi è stato riadattato in uno spazio che ospita un ristorante e un’accogliente struttura con camere. A fine Ottocento, l’edificio appartenne alla famiglia del barone Rossi, passando poi ai conti marchigiani Tomassini Barbarossa.
Perché il nome, un po’ burocratico, Gli Uffici? Perché qui vennero sistemati proprio gli uffici dei conti. E così, il nome è rimasto, per raccontare quel legame col passato.
Entrare in questi ambienti è come saltare in pochi attimi in un’epoca diversa. Una luce soffusa accarezza le pareti verdi e il legno scuro, creando un gioco di ombre che esalta i dettagli di un arredamento senza tempo. Sulle pareti scorrono immagini di marchesi, ufficiali e mercanti, oltre al boiserie, velluti e oggetti d’epoca vicine a comode sedute. Un ritratto antico osserva silenzioso un tavolo rotondo, su cui sono posati libri e riviste. Un mappamondo antico suggerisce viaggi in terre lontane: chissà, da qui si vede il Mediterraneo e le sue tante possibilità.
Ci accoglie Alessandro Marras, il restaurant manager.
Gli ambienti sono divisi in più sale, tutte riadattate dal bel lavoro realizzato dall’architetto Marco Cilli: un angolo bar, un sala più grande e una saletta per incontri più intimi con un lungo tavolo in legno pronto ad accogliere conversazioni più ristrette e familiari. In questa sala le sedie, rivestite di velluto verde, accompagnano uno spazio con cuscini che affaccia sulla vicina balconata. La zona bar, con le sue mensole, ospita bottiglie di ogni forma e colore, disposte con precisione cerimoniale. Calici e bicchieri sono allineati come soldati in attesa del loro turno, mentre piante verdi fanno capolino qua e là.
Nel cuore della sala principale, i tavoli sono disposti con la giusta distanza con luci sospese. Un grande tappeto circolare con motivi floreali segna il centro della scena, invitando i visitatori a sedersi e lasciarsi avvolgere dal ritmo lento di questo luogo. All’esterno, la balconata con le statue delle Quattro Stagioni si affaccia sul Bastione, sul mare e sui Monti di Capoterra. Si può cenare o, quando previsto, prendere un aperitivo (la formula aperitivo è un’eccezione).
E finalmente, ecco la cucina! Parliamo di chi c’è dietro le quinte, ai fornelli: è l’executive chef Tommaso Sanguedolce, che ha scelto la sfida in terra sarda dopo molte esperienze internazionali con chef stellati e come capo brigata di ristoranti quotati, dopo una lunga gavetta in tanti ristoranti d’Europa, come il leggendario Ritz di Londra.
Ci sediamo al tavolo, il menù propone diverse soluzioni. C’è quel pizzico di modernità e tanto carattere, mischiando con sagacia regionalità diverse, come quelle sarda e pugliese. Ogni piatto ha un accento nuovo, inaspettato. Terre lontane ma vicine nel cuore.
L’antipasto già incuriosisce: una vellutata di scarola arricchita da sgombro alla brace. I ravioli di kohlrabi nascondono una sorpresa marina, una tartare di gamberi di Villasimius con barbabietole e pompelmo. Ci incuriosisce l’uovo bio cotto a 64 gradi, adagiato su un letto di funghi con melassa di sedano rapa e tartufo.
I primi piatti parlano con accenti diversi. Il risotto alla milanese si veste di mare con l’ossobuco di pescatrice. Gli spaghetti evocano il Mediterraneo con ostrica, pompia e burro affumicato. La lasagnetta con ragù di cavallo guarda invece alla terra. I secondi intensificano i sapori: bistecca di bue rosso con pepe, finferli e castagne; faraona con zucca, scalogno fondente e cavolo nero; agnello con cime di rapa, uovo e limone. La sogliola si accompagna a arselle bianche e salsa verde. La Sardegna, l’Italia un giro per il mondo: una scelta tre percorsi al bicchiere da abbinare alle portate.
I dolci concludono in bellezza, come, tra gli altri, una meringata esotica o una brioche all’italiana evocano dolci ricordi d’infanzia.
Gli Uffici ti lascia libero di farti guidare o scegliere liberamente. Due, tre o quattro portate a scelta del cliente permettono di costruire un percorso personale, che può essere essenziale o più articolato. Per chi ama la sorpresa, il percorso dello chef – che abbiamo provato – è una sorpresa in sei atti (tra antipasti, primi, secondi, dessert) , dove ogni piatto svela la filosofia di chi sta dietro ai fornelli.
Un menù statico? Neanche per sogno. “Stagionalità e il cambiamento” sono le parole chiave dello chef, che ha già dichiarato di cambiare il menu regolarmente (ok, è un invito a tornarci!).
È giusto che Cagliari abbia posti così. Che possa vestire l’abito buono e sedersi al tavolo e mangiare bene. La cucina è un ponte, apertura, commistione e in una città di mare non va lasciata al banale. Dall’altra parte ci sono i racconti di terra e mare che passano per i piatti. A volte serve un posto che non sia solo un ristorante, ma un viaggio (e a noi viaggiatori piace assai). E Gli Uffici, con la loro storia, sono la prova che certe esperienze sono piacevoli.
Alcune info tecniche: gli Uffici sono aperti a cena dal mercoledì al sabato dalle 19:30 alle 22:30, la domenica solo a pranzo dalle 12:30 alle 15. Nella stagione primaverile ripartiranno anche le formule aperitivo, sempre legate alla cucina.
Fermatevi. Potreste scoprire che ogni piatto ha qualcosa da raccontarvi. Dimenticavamo: al piano superiore, è stata inaugurata una residenza di charme che arriva fino a 14 suites.