Nell’ambito della pedagogia e dell’istruzione, ci sono progetti innovativi che stanno contribuendo in modo significativo a trasformare l’apprendimento e l’educazione. Uno di questi progetti affascinanti è l’outdoor education, un’iniziativa che sta guadagnando sempre più attenzione per il suo approccio unico e i risultati positivi che sta ottenendo.
In questo articolo, esploreremo i dettagli di questo progetto, scoprendo come sta rivoluzionando l’educazione e il coinvolgimento degli studenti. Inoltre, ho avuto il privilegio di intervistare Maila, una collaboratrice dell’associazione Maktub che ci spiegherà al meglio questo progetto pedagogico.
Ciao Maila, ci spieghi che cos’è l’outdoor education e in che modo si differenzia dall’apprendimento tradizionale in aula?
Come dice la parola stessa, si tratta di attività educative e didattiche che si svolgono all’aria aperta; quindi, parliamo di apprendimento esperienziale: basato, appunto, sull’esperienza, che sia essa cognitiva, emotiva o sensoriale. Il bambino non viene visto come un vaso da riempire, ma una persona che deve acquisire nozioni, tramite un percorso. Riconosciamo la necessità di cura e attenzione per il singolo, perciò occorre evitare di standardizzare un unico metodo per tutti e adoperare quello più funzionale, in base alle capacità di ciascuno.
Quali sono gli obiettivi principali dell’outdoor education?
Certamente la consapevolezza del mondo che abbiamo intorno a noi e l’importanza di rispettarlo, con tutti i suoi esser viventi; partendo dall’apprendimento attraverso gli animali, che fungono da esempio a livello relazionale, cerchiamo di tramettere il rispetto del grande e del piccolo. Inoltre, con l’educazione emozionale, si intende accrescere anche la consapevolezza del mondo interiore, quindi saper percepire, identificare e gestire le emozioni.
Come si svolge una tipica giornata?
Per quanto riguarda la fascia di età 2-6, abbiamo una routine dinamica ed elastica che prevede gioco libero ( in cui possono anche oziare),attività motoria, merenda, story time, attività di esplorazione e quelle più mirate (come pittura, disegno, giochi da tavola). Ovviamente ogni giorno è diverso, possono venirci delle idee improvvise, a volte arrivano dai bambini stessi. Stando all’aperto, anche un cambiamento di clima potrebbe trasformare i piani ! Proprio l’altro giorno, con l’aumento improvviso del vento, ci siamo ritrovati a correre nel campo con gli aquiloni.
Lo stesso vale per i più grandi (6-11anni): può capitare che una lezione già preparata, si trasformi: il formarsi delle nuvole, uno stormo di uccelli, un serpente che muore, potrebbe fungere da punto di partenza per affrontare argomenti importanti che riguardano il processo della vita e di conseguenza le discipline che si studiano; insomma, optiamo per l’approccio interdisciplinare.
Il nostro progetto intende anche spalancare le porte, sia per avviarsi ad esplorare il territorio, sia per ospitare figure professionali. Per esempio abbiamo già in programma il laboratorio didattico con un apicoltore.
Quali sono i principali benefici dell’outdoor education per gli studenti?
Sono numerosissimi; basta pensare che le scuole all’aperto, in Italia, esistono dai primi anni del 900, nate per limitare il dilagare di malattie come la tubercolosi. Lo stare all’aperto, oltre bloccare il contagio, rinforza il sistema immunitario e questo è collegato agli ormoni della felicità. Un altro aspetto è legato ai “mali “del nuovo millennio: sono aumentate le diagnosi di DSA. I recenti studi dimostrano che la costrizione a stare seduti all’interno di un aula per tante ore (per non parlare dell’abuso degli schermi a casa) contribuisca a creare, appunto, problemi nell’apprendimento.
In che modo l’outdoor education contribuisce allo sviluppo delle capacità sociali e della collaborazione tra gli studenti?
Ovviamente vi è un coinvolgimento maggiore per l’estensione dello spazio; quindi lo sviluppo di attività di cooperazione piuttosto che di competizione. Cerchiamo di avere una multiclasse, affinchè il processo di trasmissione di conoscenze possa avvenire anche tra pari (metodologia peer to peer).
Quali sono gli ambienti naturali più comuni in cui si svolgono le attività?
Le nostre sede è situata nella zona rurale tra Quartu e Quartucciu, immersa tra Eucaliptus, Ulivi, Pini, Conifere, Gelso e piante di spezie.
Sia che noi siamo nella veranda, sotto il gazebo o nella zona giochi, la natura è lì che ci circonda. Ci spostiamo in base all’attività, che magari potrebbe richiedere maggiore concentrazione piuttosto che movimento; in base al clima o la necessità di condivisione dello spazio con i bambini delle diverse fasce d’età.
Quali strumenti o risorse educative vengono utilizzati in un contesto di outdoor education?
Sicuramente il più grande strumento che abbiamo è madre natura. Dalla flora alla fauna, abbiamo costantemente il materiale per poter svolgere un’attività che possa mirare a un apprendimento esperienziale. Le risorse sono gli educatori. In educazione le relazione è un aspetto fondamentale; per costruire buone relazioni, il rapporto educatore-alunno deve essere appropriato: abbiamo un numero di educatori maggiore rispetto a quello che si trova, in genere, nelle altre strutture (1 a 5 nei grandi e 1 a 2/3 nei piccoli). Si tratta di qualità: qualità di lavoro in team e con i bambini stessi.
In che modo l’outdoor education promuove la consapevolezza ambientale e il rispetto per la natura?
Promuoviamo il rispetto degli esseri animati e inanimati, osservando ciò che ci circonda: grazie agli alberi abbiamo modo di vedere i cambiamenti; gli animali e, in particolar modo gli insetti, ci permettono di dare valore e rispetto a tutti gli esseri viventi, dal più grande al più piccolo, perché tutti abbiamo un ruolo, una funzione, in questo mondo.
Il lavoro di ogni giorno, tramite ogni singola esperienza, permette ai bambini di interiorizzare le regole che devono esserci, proprio per rispettare gli altri ed essere rispettati.
Ringraziamo Maila e l’associazione Maktub per la disponibilità e per averci aiutato a conoscere e capire il mondo dell’outdoor education.
Voi conoscevate già questo progetto? Cosa ne pensate?
Fateci sapere!
Alla prossima
Martina