E’ il 13 novembre, quando Sara Sarritzu calca il palco del “In Out Club” come prima donna batterista sarda a guidare una big band in un tributo a Glenn Miller. Un momento speciale che celebra la musica e la passione per il jazz. Abbiamo voluto incontrarla, ascoltare la sua storia e scoprire come la musica può essere uno strumento di libertà e connessione. Un viaggio nel jazz che va oltre i confini dell’isola, parlando a tutti coloro che credono nel potere di seguire i propri sogni, un battito alla volta.
Quando è nato il tuo amore per la musica?
Fin da bambina, posto che mio nonno materno suonava nella banda “Giuseppe Verdi di Sinnai” il clarino e quando rimanevo sola con lui era solito fischiettarmi alcuni brani musicali, il fratello di mio nonno era professore di clarino al conservatorio. Mio cugino suonava l’organo nella chiesa del paese, e perciò fin da piccola non solo giocavo a suonare con la tastiera e il pianoforte, ma mi nutrivo delle sonorità degli strumenti che udivo in famiglia. La musica è sempre stata presente fin dall’infanzia.
Quali esperienze musicali hanno segnato il tuo percorso artistico e come ti sei avvicinata alla musica?
La scelta di iscrivermi e studiare la batteria come strumento è nata dopo alcuni anni quando ad Alghero ho conosciuto una donna batterista che, avendo notato il mio stupore nel suonare questo strumento, mi ha incitato a studiarlo e incoraggiato perché mi sarei anche divertita nel sperimentare questo percorso musicale. Così ho organizzato il mio tempo tra lavoro e famiglia e mi sono dedicata allo studio della batteria con il Maestro Paolo Nonnis. Inoltre, posto che da diversi anni mi dedicavo a praticare balli caraibici e latino americani, nel momento dello studio del Mambo ho avuto la brillante idea di studiarne i ritmi sia alla batteria che con i timbales. Così è nato anche il gruppo Superlatin nel quale suono sia la batteria che i timbales, alternandomi con il Maestro Paolo Nonnis. In contemporanea allo studio di questi generi musicali mi si è aperto anche lo studio e l’amore per il genere Swing. Abbiamo preparato con la big band un repertorio di diciotto brani swing degli anni Quaranta, come quelli di Glenn Miller e Count Basie, che hanno riportato alla memoria i ricordi di quando mio nonno me li fischiettava. Sicuramente mio nonno, essendo nato nel 1900 e suonando il clarino, dovette essere un estimatore di Benny Goodman, almeno così suppongo per l’ambito dello swing jazz.
Cosa è cambiato da questa tua esperienza musicale ad oggi?
Il cambiamento mi ha permesso di esprimere quella parte della mia persona che mi rende super felice. Mi sento realizzata. Non sento paura del palco, anzi l’adrenalina del suonare mi rafforza l’energia espressiva e trovo questa dimensione come una mia espressione d’essere.
C’è un tuo sogno?
Già il fatto di suonare con la Big Band la batteria sono sogni mega realizzati. Sicuramente proseguire in questi progetti musicali.
Arrivano gli extraterrestri sulla terra. Come comunicherebbe Sara Sarritzu con loro? Quali linguaggi userebbe?
Sicuramente userei il linguaggio musicale e anche quello corporeo del ballo. Metterei un bel brano di Tito Puente e li inviterei a ballare. Sì, farei ballare gli extraterrestri a suon di Mambo.