Mrs Macis, gli abiti del buonumore…

A Firenze, a borgo Pinti 38/rosso, c’è un’atelier, tutta colorata, che non passa quasi mai inosservata dalle turiste di passaggio nei pressi della piazza del Duomo…

Un’insegna che sembra scritta a mano, riporta il modo in cui le tante clienti straniere ormai chiamano affettuosamente la titolare che, di quella gentilezza signorile, ne ha fatto il suo marchio: Mrs Macis, un mix di anglo-sardo che all’anagrafe risponde al nome di Carla Macis che disegna e produce in esclusiva abiti molto ricercati e sicuramente unici.

Mrs Macis è sarda, diversi anni fà è partita a Firenze per studiare architettura, un corso di studi che stava per ultimare sino a quando ebbe l’opportunità di entrare a lavorare da “Pucci”, marchio glorioso  della moda anni ’60 acquistato dal gruppo LVMH (Louis Vuitton Moet Hennessy) e grande industria dell’abbigliamento fiorentino, dove venne folgorata dai colori e dalle manifatture dei tanti artigiani tessili locali.

Da li poi decise che progettare e “vestire” le abitazioni era, forse, meno interessante del vestire direttamente i suoi proprietari, cosi l’esperienza da Pucci si concretizzò con l’apertura di un’atelier propria.

All’ingresso del suo negozio-atelier ci accoglie una bella bionda signora con un sorriso contaggioso ed un look che ci porta indietro di almeno cinquant’anni, la dolce vita italiana…

Ci viene spontaneo chiederle

“Sei una bionda vera o una bionda finta ?”

“ Certamente nata bionda, quel ricciolo biondo ribelle e folto che diventa tinto in crescita !”

“…quindi sei nata bionda sardegna e cresciuta tinta fiorentina ?”











“…veramente avevo già cominciato a tingermi a cagliari, poi a firenze sono passata a dei raffinatissimi colpi di sole!”

“e tutto questo potrebbe avere qualcosa in comune con i tessuti ?”



“beh, sempre di tinture..si tratta,trasformazioni del tessuto grezzo ! All’inizio, quando cominciato a lavorare a Prato nel design tessile, si faceva molta ricerca e sperimentazione per rendere i tessuti suggestivi ed accattivanti per ampliare il mercato.
Sperimentare per creare, 
produrre manufatti, prima tessuti che poi diventano vestiti…”

“e questo non lo potevi fare anche a Cagliari?”


”Non sarebbe stato possibile. A Cagliari, in Sardegna,
 manca completamente
l’indotto, qui invece c’è un tessuto lavorativo, che forse si sta anche perdendo, speriamo di no, ma lo sapremo solo fra 50 anni, che permette di
trovare tutto: le materie prime, le tintorie, le stirerie, le piccole aziende manifatturiere… 
in poco tempo è possibile creare e realizzare una collezione mantenendo i costi bassi. 
Diciamo che siamo al “km zero” del tessile e tutto questo è determinante!

“Non senti la concorrenza dei prodotti indio-cinesi ?”











“Non credo che loro siano interessati al mio mercato… il mio è un prodotto di nicchia, per pochi, per chi apprezza ancora i bei tessuti, quelli di alta qualità, le serie limitate.”

Cosa significa prodotto di nicchia?”

La nicchia è uno spazio piccolo per eccellenza, un luogo per un pubblico scelto, persone che non lo scelgono per motivi economici, ma perchè, in questo caso, ricercano il buongusto nel vestire.

Le mie clienti sono donne incontentabili, donne che vogliono qualcosa che sanno di non poter trovare nei negozi tradizionali e della grande distribuzione o su internet. Vogliono trovare capi di cui loro stesse rimangono stupite per la loro “inusualità”. Il fatto che poi i miei capi siano particolarmente evocativi degli anni sessanta, rende questa nicchia ancora più particolare.”

“Il tuo mercato, le tue clienti come le hai trovate? O sono loro che hanno trovato te?”











“Loro trovano me! Sono assolutamente incapace di promuovermi, la mia è una comunicazione vecchia! La mia pubblicità è la vetrina, spesso quella del lunedi o il negozio in quanto tale, poi 
la mia promozione è il vestito indossato da una cliente, che poi piace ad una sua amica e così il passaparola che si genera e si alimenta… insomma
 metodi da anni cinquanta!

“Sicuramente controcorrente…”

“Si, come i miei vestiti

 che comunque poi sono attuali, come è attuale l’emozione di camminare per strada e scorgere una vetrina che ti piace, che ti stupisce in qualche modo, 
in qualche moda!”

“Sei andata via dalla Sardegna giovanissima per fare cosa? tingere tessuti o capelli ?”








     

“Nooooo!…Volevo fare architettura e vivere da sola, confrontarmi con altri ragazzi della mia età, ecco questo si, ma volevo fare architettura, volevo studiare e fare l’architetto
 e questa esperienza mi è servita a capire che sicuramente volevo progettare qualcosa che però non erano più edifici, ma manufatti tessili… La moda invece è più veloce dell’edilizia 
ed io volevo progettare manufatti che potevo vedere realizzati velocemente!
”

Uno spostamento di visione…”











“Come capita e deve capitare: scopri che la strada è un altra o certe volte sei costretto ad inventartela, credo che ognuno abbia un talento, che può essere una buona capacità comunicativa, orecchio musicale, colpo d’occhio (questo è sicuramente il mio) intelligenza matematica o altro.  E’ quella la strada da perseguire, devi esse capace di sentirla, ovviamente. Io volevo disegnare o comunque lavorare coi colori e alla fine questa spinta mi ha portato verso tessuti stampati, colorati, alterati, un pò 

come i capelli, no???? Beh, potevo anche fare la parrucchiera, ora che ci penso, 

ma la gamma di colori è sicuramente più limitata!

“Ma la Bionda Sardegna, ad una Bionda Fiorentina, non manca un po’?”






        

“Si mi manca e molto, mi viene voglia di tornare… La Sardegna è una terra che ti chiama e questo sentimento lo condivido con altri emigrati. E’ una terra del cuore, dell’affezione, la senti dentro di te e ti chiama quando hai bisogno di rigenerarti e allora basta solo sentirne l’odore, vedere la luce di Cagliari, respirare il profumo della macchia 

mediterranea e queste non sono idealizzazioni, quando torni ci sono… è così! Per non parlare del mare, ecco non parliamone perchè è struggente… queste cose se non te ne vai non le apprezzi così intensamente.

“Ogni intervista la chiudiamo con una parola che vorremmo fosse un invito rivolto a chi ci legge, Mrs Macis come vorrebbe salutarci?”

Divertitevi!”

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