Che questo articolo possa essere motivo di riflessione.
Definiamo l’Italia un grande paese, il paese della cultura, della pizza, della pasta e della buona cucina. Lo riteniamo importante per i ruoli assunti in passato e per i messaggi che, attraverso la conoscenza collettiva del suo popolo, ha saputo diffondere in tutto il mondo. Le vogliamo bene, la amiamo per i doni che ci ha regalato. Ci ha reso grandi e forti d’animo, ci ha insegnato il valore della giustizia e dell’uguaglianza sociale. Ha accolto tra le sue braccia monarchie e dittatori, ma il lume della speranza non si è mai spento in vista di un futuro più prospero.
Siamo stati i grandi Romani, poi i famosi de Medici, poi uno spirito indistinto che per forze a lui sconosciute ha trovato un’identità, seppur debole. E questa debolezza si mostra con i lati più negativi che contraddistingue il nostro popolo.
La storia non basta più per rimarginare nuove ferite. Non si può pensare al passato come una soluzione per i problemi presenti, al contrario si può e si deve imparare dal passato per far sì che il presente sia meglio di esso. Chi aspira ad un lungo percorso non ha né la necessità né il tempo per distrarsi sulle sue orme.
Non siamo più il grande paese, ma un piccolo lembo di terra schiacciato da nuove e potenti nascite mondiali. Siamo ancora il paese della cultura, tuttavia di una cultura passata che non riesce ad identificarsi più nell’ibrido involuto che l’Italia attuale riflette al mondo intero. Abbiamo dato tanto, per poi ritrovarci con niente in mano.
Non siamo l’Italia dei partigiani, l’Italia dell’Assemblea Costituente dove una coscienza e una cultura avevano impresso nella mente del popolo l’idea di collettività, del “se faccio male agli altri, faccio male a me stesso”.
Non siamo più nulla. Resistono ancora le istituzioni ma solo formalmente. La sensazione che circola è analoga ad uno smarrimento di identità collettiva che si va a sfogare nei modi più opportunisti e vili.
Non siamo più il paese rispettato, il paese della volontà, lo stato che incarna lo spirito popolare.
Tutto quello che siamo è un’aberrazione del processo evolutivo. Abbiamo incrementato i nostri punti deboli fomentando atteggiamenti opportunisti. Siamo la nazione che non crede più nella cultura, ma la ostacola! Siamo il paese in cui sono i cittadini che danno l’esempio alle istituzioni e non viceversa. Siamo il paese in cui l’evasione fiscale supera i 200 mld di euro, più del 10% del Pil! Siamo il paese in cui il prototipo del cittadino perfetto viene identificato in un imprenditore incoerente, demagogo e senza il minimo senso di legge.
Siamo la nazione che ha visto rifondare veri e propri “partiti fascisti”, i quali, tuttavia, non si definiscono tali, non esplicitamente almeno. Siamo lo stato che ha l’onore e l’onere di potersi appoggiare alla Costituzione, la migliore mai concepita dall’uomo e che, tuttavia, viene violata continuamente. Siamo lo stato del “magna magna” e dei giochi mafiosi! Siamo lo stato della corruzione e, del senso del dovere, ancora non se n’è vista traccia. Siamo il paese con un’eredità culturale che spazia in tutti campi, ma ci distinguiamo per le battute sui nazisti durante le assemblee del parlamento europeo.
Siamo un paese dalle infinite potenzialità, ma non resistiamo alla tentazione del farci del male da soli. Siamo il cane che si morde la coda che crede di aver trovato una via di sfogo per il gioco senza che le sue azioni possano danneggiarlo. Siamo autolesionisti e poi ci piace dare la colpa agli altri.
Non siamo neanche un popolo, ma una mandria. Siamo le vittime e nello stesso tempo gli assassini. Non accettiamo le cure e facciamo i pazienti lamentosi. Pretendiamo di essere efficienti anche quando siamo paralizzati.
Se un po’ più di persone potessero e volessero acquisire un qualsiasi bagaglio culturale che le possa formare e che possa creare al loro interno una coscienza colma di concezioni positive sull’idea del “sociale” e del “collettivo”……forse così almeno, ci accorgeremmo prima degli errori.
Invece continuiamo a navigare contro corrente.